Adesso parliamo di soldi !!
A giudicare da quello che si ascolta in televisione e poi si riporta un po’ su tutti i media, i fondi europei rischiano di restare per la maggior parte degli italiani una nebulosa remota e dispersa nella galassia dei proclami politici. C’è una gran confusione sul tema e sembra che sia i politici che i giornalisti -soprattuto televisivi- preferiscano utilizzare l’argomento più a fini propagandistici e/o provocatori, che non per fare della corretta informazione. Ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori, sopratutto in campagna elettorale in occasione delle ultime elezioni europee, ma non solo. In questo ed in articoli successivi, Iurop proverà a fare un minimo di chiarezza ed a fornire ai lettori qualche suggerimento.
In primo luogo i fondi europei, a qualsiasi scopo siano destinati, sono sempre e comunque soldi nostri. Cioè provengono dalle nostre tasse. Tutti. Questo avviene perché l’Unione Europea è finanziata da ciascun paese membro attraverso un contributo di diversa entità a seconda delle condizioni economiche del Paese stesso. La parte più consistente delle entrate della UE è dunque costituita da una quota dello 0,7 % del reddito nazionale lordo, poi c’è una quota sull’IVA, poi i dazi doganali derivanti dalle importazioni da paesi esterni all’Unione ed infine le sanzioni alle imprese o ai governi che commettano infrazione alle regole comunitarie (cfr Basta Balle, Matteo.. e Latte). I fondi così raccolti, vengono poi redistribuiti attraverso il bilancio dell’Unione in misure diversa a seconda della prosperità economica di ciascun Paese membro e finalizzati ad attività che devono essere concordate ed uniformi. In buona sostanza la quota di iscrizione al club che ciascun paese versa nelle casse comunitarie è una sorta di cessione di sovranità su parte del proprio reddito. L’Italia è uno dei paesi che riceve meno di quanto versa, essendo un paese “ricco”; cioè lascia più o meno il 30% della propria quota a disposizione dei paesi in maggiori difficoltà o comunque più arretrati nello sviluppo. Lo stesso, ma in quota assai superiore, dal 50 al 70%, fanno anche Germania, Francia e Gran Bretagna. Ricevono invece più di quanto versano quasi tutti gli altri, alcuni in misura davvero importante. Ad esempio l’Ungheria ha versato, nel 2011, 937 milioni ed ha ricevuto indietro 5,3 miliardi. Nello stesso periodo la Polonia ha fatto la parte del leone, ricevendo 14,4 miliardi contro un versamento di 3,5. Tanto che ad un cero punto fu aspramente criticata per il metodo di opposizione e di veto continuo su ogni delibera europea (che prevede l’unanimità,ndr) al solo fine di veder aumentare le proprie entrate. Fu appunto durante la Commissione Prodi che si propose il voto a maggioranza, proprio per evitare il ricatto economico dei paesi appena entrati. Per saperne di più sulla ripartizione delle quote: http://it.ibtimes.com/articles/42709/20130208/bilancio-europa-riceve-spende-budget.htm.
A questo punto, chiarito come vengono composti i fondi, bisogna anche capire come poi vengano destinati. In questi giorni il dibattito è assai vivo per due questioni fondamentali che riguardano il nostro paese. In primo luogo i fondi residui stanziati per l’esercizio 2007-2013. Per la prima volta, considerata la congiuntura di crisi, si è ottenuta una proroga di due anni per ultimare l’impiego dei fondi. E qui è cominciata la corsa contro il tempo da parte delle strutture di governo sia nazionale che delle diverse regioni. Già perché all’inizio dell’estate, per esempio, ancora non si erano avviati l’85% dei progetti per Pompei, per non parlare dei fondi per lo sviluppo del mezzogiorno. Sul come poi questi soldi vengano destinati, torneremo in seguito. C’è poi una seconda modalità che è quella del co-finanziamento e questa riguarda sopratutto i fondi alla formazione ed ai piani regionali legati al territorio. In questo caso, per ogni euro messo a disposizione da Bruxelles, ciascuna Regione deve metterne a disposizione un altro. Se la regione non è capace o non ha fondi disponibili, non può accedere a quelli europei. E qui si apre la vera bagarre nella quale noi italiani siamo insuperabili. Intanto abbiamo 19 regioni inquisite su 21, poi viene il resto… Nell’augurarci che ci vogliate seguire anche nei prossimi articoli in materia (e anche gli altri, naturalmente) vi invitiamo a dire la vostra su questo argomento nella rubrica Debate. Per concludere questa prima puntata citiamo, consigliandone la lettura, l’ebook gratuito de Lavoce.info a cura di Roberto Perotti e Filippo Teoldi, ai quali ci permettiamo di proporre solo una piccola osservazione. Non è esatto dire che i fondi strutturali sono pagati due volte dal contribuente italiano e tantomeno che ogni euro speso ne costa due. E’ più corretto dire che per ogni due euro spesi il contribuente italiano paga 2,3 euro cioè 1 euro della regione e 1,3 euro all’Europa. Con i migliori auguri. Alla prossima.