Europee: rischio boomerang per il 5 Stelle
Le elezioni europee sono sempre state lette in Italia come una cartina di tornasole del consenso elettorale interno ed ahimé troppo spesso ignorate subito dopo. La prossima tornata promette dunque un successo significativo per il Movimento 5 Stelle. Forti della loro purezza ed intransigenza, nonché della dimostrata competenza e serietà, i giovani parlamentari del M5S hanno recentemente saputo farsi apprezzare anche nei talk show e nelle varie interviste televisive, in un primo momento evitate accuratamente. Il loro consenso cresce sempre di più e la vicinanza alla popolazione è percepita come autentica e concreta. Assumere un impegno con gli elettori e mantenerlo, che in quasi tutto il resto del mondo è una normale buona pratica, in Italia è la vera novità. E’ proprio su questa intransigenza, a parere di molti, che si basa la vera forza del Movimento. Ma questa intransigenza non contempla alleanze, perché alleanza significa implicitamente compromesso ed un compromesso non si raggiunge se non rinunciando o deviando in parte dal proposito iniziale. Purtroppo per il M5S, in Europa, questa intransigenza non funziona, anzi, è il miglior modo per restare esclusi da qualsiasi decisione. E quando dico esclusi intendo completamente ignorati, non semplicemente battuti in aula come succede all’interno di un parlamento nazionale. La ragione è molto semplice: nel Parlamento Europeo esistono una serie di regole che possono essere letali non per il M5S in quanto tale, che può essere legittimamente rappresentato come ogni altro partito, ma proprio per le sue linee di condotta che, in casa nostra, sono i suoi elementi fondanti. In primo luogo i politici eletti a Strasburgo devono “operare indipendentemente dagli interessi nazionali ma in favore e nell’interesse dell’Europa”, questo nelle intenzioni, sempre disattese ma riconosciute come fondanti dello stesso organo. In secondo luogo, assai più importante, il Parlamento Europeo è costituito da gruppi parlamentari ai quali aderiscono più partiti di diversi paesi che si riconoscano come simili e si associano sulla base di fattori comuni, sebbene abbiano identità e programmi assai diversi fra loro nei propri paesi di origine. Gli schieramenti di minoranza, quelli che non si riconoscono o comunque non vengano ammessi all’interno di uno dei 7 gruppi attualmente costituiti, finiscono nel gruppo misto, quello dei non iscritti, che non conta nulla. L’Europa con cui andranno a misurarsi i giovani ribelli a 5 stelle, è un gigante burocratico a forte trazione democristiana con un EPP (PPE in Italia ndr) che raggruppa ben 17 partiti rappresentati in 26 paesi dell’Unione ed ha espresso nell’attuale legislatura 275 parlamentari su 765. Il secondo gruppo in ordine di importanza è quello dei socialdemocratici S&D (SSP in Italia ndr) con 195 deputati, seguono i Liberali (ALDE) con 84, e poi a scendere Verdi, Conservatori ed altri con rappresentanze da 59 a 33 deputati ciascuno. Insomma, se dovessimo fare una fotografia dello scenario parlamentare europeo, questo si può ben dire somigli più alla nostra prima repubblica con governi penta e quadri partitici che non al tentato bipolarismo dell’ultimo ventennio, nel quale una terza forza consistente come la Lega prima e il 5stelle oggi, possano ben dire la loro. Che fare dunque? Due le strade possibili. Costituire un nuovo gruppo con un peso specifico significativo. Per fare questo è necessario riunire un numero di partiti rappresentati in almeno 1/4 dei pesi dell’unione, cioè 7 paesi. Considerato il crescente malcontento interno a molti stati membri è facilmente individuabile una serie di punti condivisi fra partiti minori ed alquanto eterogenei che tuttavia non si assomigliano nei loro principi ispiratori. Questa via, la più immediatamente percorribile, ancorché necessaria per contare davvero qualcosa, contiene il rischio intrinseco di produrre un effetto boomerang su ciascuno degli aderenti al nuovo gruppo, sopratutto per l’elettorato interno del paese di origine di ciascuno, che vedrebbe in qualche misura traditi i principi fondanti del proprio partito o movimento. L’altra strada è più lunga ed impegnativa e consiste nel fondare in Europa, se non proprio un Movimento 5 Stelle internazionale, almeno un “metodo”, un sistema 5 Stelle, esportabile e condivisibile. Alla lunga, questa via è di gran lunga la migliore e la più auspicabile ma comporterebbe enormi sforzi organizzativi e pagherebbe lo scotto di altri cinque anni di opposizione e propaganda nelle strade e nelle piazze, di tutta Europa questa volta, ma lontana ancora di più ed ancora a lungo dalle stanze dei bottoni.