“…pay or not pay, that’s the problem…”
Acquis comunitario: L’insieme delle Leggi, dei principi e degli obiettivi della UE, obbligatori per gli Stati che vogliono farne parte.
Capire la strategia di Boris Johnson è un po’ complicato se non si valutano l’insieme delle ragioni per le quali nel Regno Unito c’è un forte e appassionato interesse da parte della gente, se ridurre o meno gli impegni con l’Unione. La sospensione del dibattito parlamentare fino a metà ottobre 2019 – secondo il Premier – è necessaria per maturare in via definitiva la decisione, quindi, nessun attacco alla democrazia.
In effetti, nonostante le agevolazioni e concessioni fatte dalla UE, il Regno Unito (Inghilterra e Irlanda del Nord) non è rappresentato come “paese membro”, anzi, è definito un “paese membro con deroga”, pertanto non è soggetto a tutti gli impegni previsti dal Trattato sul Funzionamento della UE (TFEU), tra cui la problematica questione del confine tra l’Irlanda del nord e l’Irlanda del sud attuale “membro” UE.
Già nel 1997 l’Inghilterra manifestò per la seconda volta, l’intenzione di non partecipare all’unificazione politica ed economica, ora si è giunti al capolinea ma il dibattito è ancora aperto: i laburisti ed altre fazioni vorrebbero continuare la trattativa con la UE per rimanervi in varia misura, i conservatori, al contrario, vogliono mantenere le prerogative di una Inghilterra sovrana, magari al costo di qualche modesta rinuncia pur di rimanere con un piede sul continente!
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Non sembrerebbe immaginabile altrimenti!
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A proposito di costi, si parla di di un debito pari a decine di miliardi che l’Inghilterra dovrebbe comunque sanare con la UE, Brexit o meno.
Eliminando le transazioni private euro/sterlina riguardanti le relative partite di giro, il Governo inglese partecipò a suo tempo al capitale necessario per costituire il fondo UE, con una quota variabile intorno al 12% del totale previsto, calcolata nell’ambito delle nazioni con “deroga”, impegnandosi a versare più o meno l’equivalente di 56 milioni di euro/anno.
Gli inglesi, quindi, col Brexit sembrerebbero voler ridurre anche gli impegni economici sottoscritti ma ovviamente ciò non è proprio gradito dall’Unione, in quanto lascerebbe un “buco” nei conti destinati agli stanziamenti previsti per lo sviluppo e per la coesione dei restanti 27 membri.
Tale impegno progredirebbe nel tempo e tra presente e futuro, sembrerebbe essersi attualizzato in circa 36 – 39 miliardi i quali – si dice nei corridoi – sarebbero sicuramente più utili se riversati direttamente sull’economia interna… ed è questo un altro “scoglio” della trattativa, “…pay or not pay, that’s the problem…” !
Lorenzo Romano 2019 ©