Ritorno a Yalta
Le dichiarazioni di intenti del neo-eletto Presidente USA in direzione di una maggiore apertura al dialogo con la Russia di Putin, ancor prima di essere verificate dai fatti, hanno già prodotto conseguenze terribili sullo scenario internazionale. In particolare in Siria dove, probabilmente galvanizzati da una promessa di non ingerenza, ma più verosimilmente approfittando del “limbo” presidenziale americano nel periodo del passaggio del testimone, i russi hanno inasprito la ferocia dello sterminio intollerabile perpetrato dal regime di Assad.
Si prefigura dunque uno scenario a tinte fosche, che vuole un mondo globalizzato tornare ad un bipolarismo fra superpotenze quale non si vedeva dal 1989, anno della caduta del muro di Berlino.
Questa rinvigorita arroganza più militare che politica è tragicamente enfatizzata dai media nella rappresentazione anche fisica di due personaggi sicuramente molto mediatici che si presentano come rozzi, dozzinali, anche un tantino primitivi e sprezzanti nei confronti delle istituzioni internazionali tutte. Certo è che la qualità della politica mondiale si è di colpo abbassata e poco importa se a farne le spese siano, come sempre, innocenti di questa o quella parte del mondo.
In mezzo sta l’Europa, che si presenta sempre più divisa da contrasti interni e fortemente indebolita dalle congiunture politiche dei più importanti suoi membri. Le elezioni sono imminenti in Germania ed in Francia e, forse, auspicabilmente, anche in Italia. Dunque i governanti europei di oggi sono più occupati nel cercare di confermare la loro leadership nel proprio Paese che non a promuovere una azione efficace dell’Europa in quanto tale, sullo scenario del pianeta. Dobbiamo dare atto alla Merkel di impegnarsi molto nel fare pressioni diplomatiche sulla Russia, se non proprio per risolvere la vicenda Siria, quanto meno perché sia garantita una tregua seria, utile a consentire l’intervento umanitario.
Poca cosa tuttavia per un’Europa che oggi più che mai sarebbe chiamata a recitare finalmente il suo ruolo di vera superpotenza inter pares fra i due giganti, che tali sono esclusivamente dal punto di vista militare.
Eppure la vicenda siriana offre oggi un’occasione fondamentale agli europei per ritrovarsi in quei valori alti di solidarietà e di rispetto della vita umana che ci accomunano e ci contraddistinguono nel mondo. Sarebbe bene coglierla questa occasione da parte dei leader politico della UE che a parole si dicono preoccupati delle avanzate di forze anti-europee all’interno di ogni singolo Paese. Ma se poi ci si trova a dover recuperare il consenso elettorale interno, non si può non strizzare l’occhio a chi inneggia alla brexit senza neanche capire cosa sia, a quelli che non vogliono gli immigrati perché non sono capaci di pretendere sviluppo e lavoro. A tutti quelli che non sanno più come esprimere il proprio disagio e le frustrazione prodotte dalla politica interna e non trovano nulla di più facile che prendersela con l’Europa. Bene ha fatto Schultz a dichiarare una volta per tutte che è ora di finirla di propagare il pensiero che tutti i successi siano interni e tutti i fallimenti siano europei. Il fatto è che mentre i leader cercano voti in casa, i bambini continuano ad essere massacrati, ad Aleppo e non solo. Ci vuole più Europa che mai, invece. E ci vuole adesso.