Gran Bretagna: ad ovest di Paperino
Lo “strappo” ottenuto da Cameron a Bruxelles, al di là delle inani fatiche di minimizzare, cui tendono un po’ tutte le dichiarazioni ufficiali a prescindere dalla loro provenienza, è invece di enorme portata ed apre scenari pericolosi ma forse non del tutto negativi.
I membri dell’Unione hanno il dovere di minimizzare per eludere una realtà incontrovertibile e cioè che un precedente si è creato eccome e dunque che il progetto di Europa Unita ne subisce un colpo durissimo aprendo strade a spinte autonomiste di ogni sorta. In sostanza l’Unione non è mai stata così debole. Gli oppositori di Cameron, anche interni al suo partito, tendono invece a minimizzare per rafforzare la spinta verso il NO al referendum di giugno che potrebbe sancire l’uscita definitiva della Gran Bretagna dalla UE. E’ infatti per il motivo opposto che il Premier britannico ha dovuto “per forza” ottenere qualche vantaggio a Bruxelles, da spendere in favore del SI. Questa argomentazione è sembrata, in definitiva, la testa d’ariete sotto i cui colpi è caduta ogni resistenza degli altri Paesi membri. A questo punto il referendum fissato per il 23 giugno può ben definirsi il Referendum d’Europa, considerata la portata dei diversi scenari che possano scaturire dall’esito delle urne della Gran Bretagna. Se vincessero i SI, la Gran Bretagna resterebbe un Paese membro della UE con una sorta di statuto speciale che la rende autonome da Bruxelles in una serie di ambiti importanti. Da quello finanziario a quello militare. Inoltre, ed è il tema caldo di questo periodo, il welfare britannico non risponderebbe agli obblighi derivati da Shengen e non garantirebbe la parità di diritti fra cittadini europei sul suolo inglese. Un brutta, bruttissima cosa che non è certo giustificabile con il pretesto che cittadini di vari paesi UE “approfittino” del generoso welfare inglese. Per quanto riguarda gli aspetti finanziari e monetari si tratta invece di una vera e propria uscita dal sistema fin da subito. Le banche inglesi non risponderanno più ai parametri di Bruxelles, né saranno soggette a verifica da parte della BCE. Fanno come vogliono, insomma. Mentre alcuni aspetti di questa parte dell’accordo sono rimasti ancora oscuri, ci dobbiamo porre diversi interrogativi. Cosa ne sarà delle quote di capitale (il 17%, ndr) della BCE, attualmente in mano alla Banca d’Inghilterra? E come andrà a finire il rapporto di cambio EUR/Sterlina? Chi ci guadagna dunque, alla fine, da questa imbarazzante situazione? Certamente questa manovra deve considerarsi a tutti gli effetti una vittoria americana. Gli USA che, non ci stancheremo mai di ripeterlo, sono il principale nemico dell’Europa Unita, hanno messo a segno il colpo grosso. L’indipendenza militare della Gran Bretagna significa spezzare la voce dell’Europa nella questione più importante di questi anni, la Siria. Quella che per inciso ci procura il dramma immigrazione che sta mettendo a nudo le contraddizioni e le debolezze del sistema UE. L’indipendenza finanziaria, poi, apre le porte allo scarico nella pattumiera Europa di tutta la nuova spazzatura finanziaria che l’America ha ricominciato a produrre da tempo. Ma la Gran Bretagna che in Europa ha sempre fatto il proprio comodo e guardato al proprio tornaconto, mantenendo posizioni bizzarre e spesso contraddittorie, in questo momento ha certamente acquisito un vantaggio enorme. Le condizioni di privilegio negoziate da Cameron non sono sostenibili per gli altri paesi membri, dunque questi dovrebbero tifare per il NO e sperare che la Gran Bretagna se ne vada una buona volta e per tutte, posto che la sua presenza crea squilibri, disordine e una situazione di privilegio che molti non tarderanno a reclamare. Questa è una partita importante, sulla quale si gioca l’esistenza della UE così com’è. Per questo dicevamo in premessa, gli scenari che si aprono potrebbero essere non del tutto negativi. Perché l’Europa della burocrazia e del rigore è morta qui. Ora bisogna farne un’altra su nuove basi. Più efficiente, più equilibrata, più coesa e soprattutto senza figli dell’oca bianca, come la Germania e la Francia. Tantomeno la Gran Bretagna che sarebbe a nostro avviso di gran lunga meglio “espellere” per nostra volontà invece che genufletterci e sperare nel consenso del popolo meno istruito d’Europa. Per le conclusioni la posizione inglese assunta da Cameron rappresenta una svolta importantissima nella nostra storia, ma ha messo tutti noi su un campo minato. Un pericolo dunque, una vera minaccia sulla quale vanno immediatamente accesi i riflettori. Iurop lo farà, stay tuned!
Ma perchè le cose ovvie e di buon senso,come favorire la brexit,dai governanti e governi europei non vengono mai comprese a tempo debito? Albione ha fatto sempre i suoi comodi e
interessi ,contro ogni visione di unità dell’ Europa,mettendo per secoli tutti contro tutti e questi “teneri virgulti” della politica continentale glielo lasciano ancora fare! Sarebbe preferibile,a mio parere,tornare ai paesi fondatori e,solo dopo,diventati stato federale o federazione di stati,ricominciare con l’allargamento(per quelli che ci vogliono stare)alle condizioni e con le norme di una entità politica e statuale già definita.Ritengo,per finire,che i primi ad essere espulsi dovrebbero essere i paeselli ex patto di Varsavia che hanno dimostrato di considerare l’Europa solo una stupida vacca da mungere.(ritengo questa,grave colpa della Merkel che per fare gli interessi della Germania si è lanciata in un nuovo tentativo di allargamento ad est novello lebensraum,fortunatamente solo economico,[con la complicità dei vari Prodi,Barroso etc.]) e facendone,adesso, “more solito”, pagare il prezzo,in particolare,agli stati del sud europa e segnatamente a Grecia,Italia,Spagna e Portogallo.La storia,purtroppo,si ripete;pagammo la riunificazione del Reich,non ci facemmo pagare i danni di guerra e da allora continuiamo! Usque tandem si approfitterà dei popoli spinti alla fame da una teologia liberista volta solo al profitto e non allo sviluppo,alla crescita del welfare e all’aiuto delle famiglie e dei cittadini?