Chi ha ragione?
Può darsi che un confronto con Orbán sia un po’ vincere facile, date le posizioni insostenibili prese dal Presidente ungherese, tuttavia dobbiamo dare atto al nostro Presidente del Consiglio che in questo caso ha francamente ragione. Abbiamo anche su Iurop stigmatizzato il concetto espresso da Renzi. Dell’Unione Europea non si possono prendere solo gli aiuti economici, bisogna anche rispettarne le regole e farsi carico degli impegni comuni. L’Ungheria, come tutti i Paesi dell’ex blocco sovietico, da quando è entrata a far parte dell’Europa ha ricevuto copiosi contributi, forse anche troppi. Dunque è corretto insistere da parte del nostro Premier affinché quel Paese si prenda oggi la sua quota di migranti e la pianti di sostenere la bontà della soluzione di fortificare i confini e di aumentarne la rude sorveglianza. Anche se è ben chiaro a tutti che Renzi cavalchi l’onda per cercare di portare a casa l’approvazione di una legge finanziaria che fa acqua da tutte le parti, sul principio ha indubbiamente ragione.
La recente politica comunitaria di sostegno allo sviluppo delle economie più deboli è rimasta fin troppo sbilanciata verso est, intendendo per troppo tempo più che per quantità di denaro erogato. Questa inerzia di flusso di denaro in una sola direzione ha creato innanzitutto disagio in altri Paesi. I criteri di assegnazione dei fondi destinati alla ricerca, per fare un esempio concreto, con la sperequazione delle retribuzioni fra ingegneri e tecnici qualificati italiani o francesi rispetto a quelli dell’est ha fatto sì che per anni questi ultimi portassero a casa la maggior parte dei bandi proposti dall’Unione.
Abbiamo già parlato del fatto che il sistema di delibera all’unanimità abbia spesso favorito una sorta di ricatto politico, producendo fiumi di denaro in favore di Paesi, come la Polonia, che si sono ricostruiti e strafinanziati all’epoca della presidenza Prodi. Il risultato finale, facendo la fotografia ad oggi, ci mostra una serie di paesi avvantaggiati a discapito di altri ben più appesantiti, come il nostro, che continuano a perdere terreno sul piano della competitività, della crescita del Pil e, peggio, della qualità della vita. Con il piccolo dettaglio che quelli più penalizzati dal sistema siano proprio i Paesi finanziatori, cioè quelli che mettono nella comunità più di quanto ritirano. E’ evidente che il problema europeo sia dunque di ben altra portata e che l’approvazione della finanziaria italiana, come le barricate ungheresi, siano solo la punta dell’iceberg. Per affrontare la crisi del sistema UE nel suo complesso occorre certamente una grande lungimiranza e profondità politica e in questo caso fra Orbán e Renzi c’è poco da aspettarsi.