Le improbabili moltiplicazioni di Katainen
Che per rilanciare l’economia in Europa un miracolo tipo quello dei pani e dei pesci non guasterebbe, sono in molti a pensarlo. Che questo sia l’assunto teorico del piano Juncker-Katainen, desta più di qualche perplessità. In questi giorni il discusso super-commissario dell’Unione, Jyrki Katainen, sta girando l’Europa per esporre il piano di rilancio ai referenti istituzionali dei Paesi membri. Il calendario è fitto di incontri con associazioni di industriali, rappresentanti di categorie, Università ed istituzioni politiche a vari livelli. Il grande piano prevede investimenti per circa 300 miliardi di Eur, almeno così viene raccontato nei titoli di testa, ma poi si scopre subito che i 300 miliardi sono solo una “stima”. In realtà i fondi stanziati sono solo 20 miliardi e non sono neanche dei fondi propriamente detti, bensì delle “garanzie”. Le garanzie vengono costituite per circa 16 miliardi con fondi della UE, gli altri con fondi della BEI. Cioè – in buona sostanza- si accantonano le risorse comunitarie disponibili, per garantire gli investimenti o meglio, parte di essi. A questo punto la domanda lecita è: chi ci mette gli altri 280 miliardi? La risposta è: i governi di ogni Paese e le imprese private. E da dove ha tratto questa stima il giovane Katainen? Ha preso in “prestito” i dati della BEI, la banca europea degli investimenti, laddove, secondo la lettura del finlandese, per ogni euro investito ne sono arrivati 15 o 18 dagli investitori privati. A nostro avviso è più utile leggere questo dato al contrario. Sì perché letto alla rovescia questo indicatore ci dice che gli imprenditori che hanno effettuato investimenti, hanno ottenuto dalla BEI un contributo pari 1 /18 del loro impegno. Cioè il sistema bancario, utilizzando i fondi della Banca Europea per gli investimenti ha erogato 18 mila eur per ogni 100 mila investiti dai privati. Ed è subito chiaro che si tratti di un’altra storia. Per i fondi pubblici, in più, c’è la ghiotta opportunità rappresentata dal fatto che tali investimenti non verranno contabilizzati nel deficit di bilancio. Strana alchimia contabile, ma sarebbe più corretto dire politica. In pratica, via libera ai governi ad indebitare ancora i propri paesi, “tanto questi non contano”. Magari non conteranno, ma certamente si dovranno pagare, di lì non si scappa. E da dove dovrebbero venire fuori questi soldi? Per parte nostra, assicura Del Rio, ci sono già 40 miliardi pronti. Poi rettifica: “nei prossimi 7 anni”. Cioè meno di 6 miliardi all’anno. Più o meno quanto è servito per realizzare la metro C di Roma. Sai che rilancio dell’economia!