Mentre l’Europa scopre e valorizza l’arte, l’Italia…….
La mostra Inventing Impressionism di Londra, offre lo spunto per riflessioni profonde sullo stato della cultura e del mercato dell’arte in Italia. La crisi economica che sta attraversando tutto l’occidente rende ancor più chiaro il fatto che le grandi fortune economiche sono oggi situate fuori dall’Italia, e che le poche ancora dislocate nel nostro paese prediligono nei loro investimenti sull’arte un profilo decisamente contenuto. Il nostro paese si trova quindi ancora una volta in una condizione di non competitività sulla scena del mercato artistico internazionale.
La ragione principale della tradizionale minore rilevanza economica del mercato artistico italiano rispetto a piazze come l’Inghilterra, la Francia e gli Stati Uniti, risiede nell’impostazione rigorosamente protezionistica della nostra legislazione artistica.
Ma cosa abbiamo da stupirci se proprio l’Italia, che detiene il 60% del patrimonio artistico mondiale, dal 2010 ad oggi, con la riforma dell’ex ministro Mariastella Gelmini ha semicancellato la Storia dell’arte nelle scuole, suscitando lo sdegno del resto dell’Europa, che attraverso gli appelli e la mobilitazione di docenti, storici dell’arte, associazioni (Italia Nostra, Fai ecc.) hanno raccolto migliaia di firme contro quella sparizione che ha contribuito a far precipitare la scuola e la cultura italiana agli ultimi posti in Europa. Dovremmo aspettare l’anno scolastico 2015-2016 per rivedere un programma più articolato della materia, ridotta a pochissime ore nei vari istituti.
L’Italia dovrebbe guardare alla vicina Francia, che proprio all’inizio della grande crisi, nel 2007, ha reso obbligatorio l’insegnamento della Storia dell’arte nelle scuole di ogni ordine e grado, a partire dalle primarie. Questo anche per rispettare la Convenzione di Faro del Consiglio d’Europa, approvata in Portogallo nel 2005, aggiornata nel 2011 che dichiara: «La conoscenza e lo studio del Patrimonio storico artistico rientrano nel diritto di partecipazione dei cittadini alla vita culturale e al lavoro, come definito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo». La Convenzione di Faro è stata ratificata dall’Italia con 8 anni di ritardo, nel febbraio 2013. Del resto, secondo la «road map» per la cultura artistica dell’Unesco, «l’educazione all’arte e alla tutela dei beni artistici delle nazioni si realizza “obbligatoriamente” nelle scuole pubbliche con la partecipazione di insegnanti preparati e aggiornati».
L’Italia potrebbe investire davvero tanto nel suo immenso patrimonio artistico, formare nuove generazioni pronte al mercato dell’arte, investire sui giovani artisti italiani, restituire “mezzi” e coraggio alle future generazioni.
Dovremmo visitare la mostra Inventing Impressionism alla National Gallery di Londra, dal 4 marzo al 31 maggio 2015, dedicata ad un uomo di grande determinazione e grande commerciante d’arte: il parigino Paul Durand-Ruel (1831-1922);
Paul Durand-Ruel, gallerista, commerciante d’arte, tanto da essere considerato il padre fondatore del mercato d’arte internazionale così come lo conosciamo oggi, scoprì Monet, Pissarro, Degas e Renoir, fu colui che comprò fin da subito le loro opere e fu amico leale e fervido sostenitore degli impressionisti, sostenendoli economicamente e moralmente. Grazie al suo grande estro artistico e alla sua straordinaria intuizione per gli affari, Durand-Ruel sviluppò strategie di business rivoluzionarie: organizzò mostre individuali dei “suoi” artisti e trasformò la sua attività parigina in un’azienda globale, aprendo succursali a Londra, Bruxelles e New York e allestendo innumerevoli esposizioni in tutto il mondo.
“Senza di lui ”, commentò Monet, “Non saremmo sopravvissuti.” Durand-Ruel fu presentato a Monet e Pisarro a Londra nel 1870-71, quando stavano rifugiandosi dalla guerra Franco-Prussiana e dalla Comune. Durand-Ruel rimase incantato dai loro lavori, spesso dipinti en plein air nei parchi, sobborghi o sulle banchine del Tamigi. Presto ne comprò le opere e le espose a Londra tra il 1870 e il 1874 nella sua galleria a Mayfair.
Inventing Impressionism comprende circa 85 opere d’arte, fra le quali un buon numero dei più grandi capolavori impressionisti mai visti prima nel Regno Unito. Tali quadri – la stragrande maggioranza dei quali fu gestita da Durand-Ruel – sono presi in prestito dalle maggiori collezioni europee e americane, ma anche giapponesi, che lui stesso contribuì a creare.
Fra il 1891 e il 1922, Paul Durand-Ruel acquistò circa 12.000 quadri, tra cui 1.000 Monet, circa 1.500 Renoir, più di 400 Dega ed altrettanti Sisley and Boudin, circa 800 Pissarro, quasi 200 Manet ed approssimativamente 400 Mary Cassatt.
Inventing Impressionism presenterà una serie di rari ritratti del commerciante e dei suoi figli, dipinti da Renoir ed esposti per la prima volta nel Regno Unito. Gli altri pezzi forti includono non meno di 5 esemplare della serie Pioppi di Monet, che Durand-Ruel mise insieme nel 1892 ed eccezionalmente torneeranno a Londra; 3 dei famosi Balli di Renoir, di nuovo insieme dal 1895: Il ballo a Bougival (Museum of Fine Arts in Boston), Il ballo in campagna e Il ballo in città (Musée d’Orsay).
La mostra segue cronologicamente la carriera di Paul Durand-Ruel. Le prime tre stanze si concentrano sulla sua casa, la sua carriera e suoi rapporti con gli artisti Impressionisti. Le stanze 4-6 sono invece dedicate alle strategie utilizzate per promuovere l’arte Impressionista.
La conclusione di Inventing Impressionism evoca un’esposizione organizzata da Durand-Ruel a Londra nel 1905, alle Gallerie Grafton, la quale, con le sue 315 opere, resta tutt’oggi la più grande mostra di opere Impressioniste mai assemblata.
A 89 anni, Durand-Ruel dichiarò: “Infine, i Maestri Impressionisti hanno trionfato… La mia follia si è rivelata speranza. A pensarci bene, fossi morto a 60 anni, avrei lasciato questo mondo pieno di debiti e in bancarotta, circondato da una ricchezza di tesori sottovalutati“.