I danni di Mariastella
La storia è popolata da donne importanti, le così dette donne alfa, che hanno cambiato la storia attraverso grandi decisioni o progetti decisivi.
Ci sono le inventrici e le scienziate, curiose di capire la realtà, decise a trovare soluzioni per guarire malattie, risolvere i problemi del presente e costruire le basi per l’innovazione del futuro.
Le filosofe, le artiste, coloro che attraverso la cultura e il costume hanno sfondato le menti e gli animi trasmettendo emozioni, novità e fissando tendenze nei loro spettatori. Ci sono le donne che hanno dominato la scena politica, reggendo imperi e lottando per la conquista del potere. O quelle con fortissimi ideali, che hanno combattuto in nome di un diritto, di un principio morale o dell’uguaglianza civile.
Raccontare il cervello rosa significa conoscere la nostra storia, la nostra cultura, i retaggi e le rivoluzioni. Vuol dire anche scoprire, per esempio, che la prima donna artista è uscita allo scoperto dal 1550 in poi. Fino al momento in cui Vittoria Colonna, nobildonna assai colta, si affidò alla mano di Michelangelo per mettere su carta alcune sue ispirazioni artistiche.
Sono donne che ci hanno ispirate, donne che ci hanno rese orgogliose del nostro aspetto anche con qualche ruga in più, donne che come dirla alla Magnani «Le rughe non me le coprire. Ci ho messo una vita a farmele venire».
L’elenco di grandi nomi al femminile può essere davvero lungo e poi ci sono donne che hanno creduto di poter essere quelle donne.
Credo che una di queste sia stata Mariastella Gelmini, ex ministro all’istruzione, università e ricerca nel governo Berlusconi IV (8 maggio 2008-16 novembre 2011) e oggi deputata e coordinatrice regionale di FI.
La scuola è di casa per Mariastella Gelmini, sua madre, è maestra e maestra è anche la sorella maggiore Cinzia, eppure Mariastella ha dimostrato di non aver nessuna idea sulla scuola e attraverso le sue misure (Riforma Gelmini) 25.000 supplenti hanno perso il loro incarico, 87.400 cattedre sono state eliminate e 44.000 tecnici sono stati colpiti dai tagli al personale. Per la riforma universitaria, col decreto legge 180/2008, è stato innalzato il turnover dal 20% al 50% per tutti gli atenei che non risultino onerosi, con la conseguenza che molti insegnamenti sono rimasti scoperti. Per di più, la quota destinata alla ricerca scientifica è diminuita del 7%, portando l’Italia al di sotto della media europea. Difatti, con la legge del 30 dicembre 2010, la figura del ricercatore a tempo indeterminato è stata sostituita da quella del ricercatore a tempo determinato che può usufruire di contratti della durata di 3 anni rinnovabili al massimo per due volte.
La Gelmini ha promosso l’autonomia ma così facendo ha finito per sfasciare la scuola, la sua sostanza culturale: vuol dire che ogni insegnante può insegnare quel che vuole, ogni scuola fare le offerte didattiche che crede; non ci sono più programmi nazionali, contano solo gli obbiettivi, tanto poi si valutano i risultati.
“Un macigno sullo sviluppo del nostro Paese”, con professori sempre meno motivati, programmi ministeriali scarsamente seguiti, un tasso d’ignoranza altissimo fra gli studenti; ricercatori senza fondi, e personale universitario formato in larga parte di precari.
È una riforma epocale – disse la ministra Gelmini- necessaria perché eravamo fermi al 1923.
Chissà cosa avranno pensato le altre donne di casa Gelmini!
Nel frattempo un nuovo governo e nuovi ministri siedono sulle poltrone alte della politica italiana e se dal palco della festa della scuola del Partito Democratico, “La scuola che cambia, cambia l’Italia”, si aspettavano risposte e numeri concreti, il premier Matteo Renzi (e prima Stefania Giannini) confermano un po’ tutte le linee guida del documento presentato lo scorso settembre, ma non si sbilanciano su numeri e sulle modalità dell’attesissimo piano di assunzioni. Stefania Giannini ha parlato addirittura di “otto anni” per vedere a pieno regime La buona scuola, dilazionando la riforma come fin qui non era mai stato fatto. “Non sarà facile perché noi proveremo a dare una soluzione a tutti i temi sul tavolo”, ha spiegato Renzi. Non solo reclutamento e stipendi dei docenti, ma anche rivoluzione del sostegno, rivisitazione dei programmi, digitalizzazione, alternanza scuola-lavoro, edilizia, finanziamenti. Un piano ambizioso ma anche molto complesso, che solleva interrogativi e non dà ancora risposte. Il ministro Giannini assicura che la riforma avrà una “visione d’insieme” e che ce ne renderemo conto quando leggeremo il decreto assicura la ministra.
Noi attendiamo come attende la nostra scuola…. Sperando in questa donna per una migliore riuscita.