Brexit 3: i soliti idioti
A poche ore dall’esito del referendum inglese, manco a dirlo, eccoli tutti insieme a suonare la fanfara, manco avesse vinto la nazionale degli stolti. Adesso la destra europea gongola e, oltre ad osannare la scelta britannica, si affretta a proporre il bis o il tris in casa propria. Ancora non sono definibili le conseguenze che la scelta uscita dalle urne del Regno Unito comporterà per quello e per tutti noi Paesi membri dell’Unione, che già la destra emergente d’Europa sale sul carro del Leave, per fomentare le masse. La Gran Bretagna esce sicuramente lacerata da questa decisione. Da una parte la Scozia ed l’Irlanda si domandano se non sia il caso di uscire invece dalla Gran Bretagna, riunita nel 1801, per restare in Europa. Dall’altra, la stragrande maggioranza dei giovani inglesi accusa la precedente generazione di averli lasciati carichi di debiti, con grandi diseguaglianze economiche e, adesso, anche con una libertà limitata. Il tutto fa presagire un esteso conflitto sociale come non si vedeva dal ’68. Se ne parlerà di questi conflitti interni per molto tempo, siamo facili profeti. Intanto i nostri Salvini e Meloni nonché, udite udite, la francesissima Le Pen, osannano il risultato referendario e invocano l’emulazione. Questi statisti da baretto sotto casa forse non si sono accorti dei benefici che l’Europa ha portato al nostro Paese in termini di diritti ma sopratutto di mercati. Forse né Salvini né la Meloni si sono accorti che oltre il 75% delle nostre esportazioni avvengono verso il mercato europeo, che la stragrande maggioranza degli investimenti esteri nel nostro Paese è operato da aziende francesi e tedesche, che i fondi per la ricerca, quei pochi che riusciamo a gestire in Italia, vengono tutti dalla UE. Forse vivono in una altro paese, in una fantasilandia dove basta dire che qualcosa non va, per raccogliere il consenso di un elettorato prima disinformato e poi ingannato da una attività in sede europea praticamente inesistente. Peggio ancora la Le Pen che forse ignora che da quando è nata l’Unione Europea, la politica agricola comunitaria è da sempre gestita dalla Francia che l’ha fatta e continua a farla da padrone da più di quaranta anni. Forse prima di pensare a rinunciare all’Europa che più e più volte ha salvato l’economia francese, come nel caso dell’industria del coquillage distrutta dal petrolio, sarebbe il caso di abolire la doppia sede di Strasburgo, che serve solo ad arricchire i bottegai e le locande francesi e ci costa più di trenta milioni di euro l’anno. Ma alla fine si sa, contro la stupidità, neanche gli dei nulla possono, come recita un famoso titolo di Asimov. Giusto citare la fantascienza davanti a tanta insignificante fantasia politica.